Sorry, il 5 era la bozza, ecco quelli buoni, sorry
-V-
Era stesa di schiena, non aveva idea di quanto tempo avesse passato a dormire, ma si sentiva mentalmente più leggera.
Si mise seduta, alla schiena sentiva mancare il peso dello zaino, e il cono di luce della torcia non c' era più, credette di aver dormito così tanto da far scaricare la batteria.
Allora con pazienza si ricompose, si dette coraggio, e cominciò a tastare il pavimento in cerca della torcia. Le pile di riserva erano nel manico.
I minuti passavano, avanzava a gattoni, qualcosa non andava, lo spazio introno a lei non era quello del corridoio, i muri non si raggiungievano.
Rassegnata si rimise in piedi, e tutto avvene nel giro di un secondo.
La testa ebbe un doloroso flash, chiuse gli occhi per un' istante.
Li riaprì scioccata... che cos' era successo?
La testa pulsava, richiuse gli occhi, percepiva l' ambiente circostante, sentiva i propri respiri agonizzanti.
Yaki riaprì gli occhi, avvertiva i sensi di un mostro.
Sentì che l' essere era vicino, si tastò addosso, non eveva nè il bisturi ne l' I-pod, come avrebbe fatto a difendersi?
Ma il dolore pulsante iniziò a calare, riprovò a chiudere di nuovo gli occhi, il mostro si era allontanato, pian piano si accorse di altri flussi, provò a concentrarsi su di essi.
Concentrandosi, con i sensi di un altro essere, avvertiva l'ambiente circostante, provò un' altro flusso, era come vedere gli ambienti con il tatto, le creature erano ceche, ma sapeva dei muri e degli oggetti che lo circondavano, come se fossero presenze intrappolata in un ambiente fatto di memorie...
Tornò in se -Che cosa mi sta accadendo?-
Yaki provò a concentrarsi sull' ambiente, era tutto troppo buio, ma era sicura di essere sola.
Decisa si diresse avanti a braccia alzate, trovò un muro, avanzò tastando la sudicia supefice in cerca di una porta, fece appena in tempo a trovare un armadio, che il dolore tornò.
Si guardò attorno, sentiva quella sensazione più come uno dei suoi sensi che come un dolore, chiuse gli occhi, e i sensi del mostro divennero anche i suoi.
L' essere era molto vicino, sentiva che si avvicinava ad una porta, sentiva tendere il braccio verso un oggetto che l' avrebbe aperta, si avvicinava sempre più, e con esso, il pulsare di Yaki aumentò terriblimente, non riuscì a restare concentrata.
Tornò in sè era appoggiata al fianco dell' armadio, nel buio si sentirono dei pulsanti elettronici, una lucetta verde comparve nel buio, Yaki si nascose dietro l' armadietto, regolando i respiri.
Nel buio si spalancò una porta, apparve un' infermiera decomposta stagliata in uno sfondo semibuio, restando alla porta, scrutò man mano tutta la stanza, per vederne ogni angolo.
Yaki rimase nascosta, avrebbe potuto correre, ma la mitraglietta nella mano sinistra dll' infermiera la convinse del contrario.
Fortunatamente l' armadio la nascondeva bene dalle percezioni del mostro.
Dopo alcuni minuti, l' infermiera sbattè la porta, e il dispositivo di sicurezza mostrò di nuovo la sua lucina verde.
Il dolore alla testa cessò, Yaki prese un profondo respiro e si diresse nel buio a tentoni verso la porta, allungò sicura la mano e premette l' interruttore della luce, e dopo qualche tintinnio e intermittenza di protesta, si accesero le luci. -E ora a lavoro.-
-VI-
Yaki era ancora scossa dalle sensazioni di un paio di minuti prima...
Aveva scoperto di trovarsi in un archivio, gli scaffali riempivano i muri e il centro della stanza dividendola in due.
L' ambiente era semibuio, le lampade avevano tradito la sua vista appena sveglia, rivelandosi molto meno luminose. Tuttavia riusciva vedere bene.
Tentò di indagare, sperando di trovare informazioni utili sulle sue amiche o sul bambino col gatto, ma nulla.
Si diresse a una poltrona, dove aveva visto il suo zaino.
Affianco allo zaino aveva trovato un biglietto:
Yaki sono Jennifer,
Le tue condizioni dopo lo schianto del pulman lasciavano credere delle brutte idee.
Siamo arrivate in gruppo in città per chiedere soccorso, ma una volta arrivate in questa specie di inferno...
Ho perso di vista tutte le ragazze.
Ad ogni modo, ti ho portata in questa stanza, qui dovresti essere al sicuro.
E fa in modo che sia così!
Non uscire per nessun motivo
Aspettami, sono fuori a cercare le altre.
Non aver paura. Quegli esseri non possono entrare.
Il biglietto terminava con un fiore. Jennifer era la capo-scout del campeggio.
Evidentemente non aveva calcolato l' infermiera con cui ha avuto a che fare lei.
E per giunta la donna aveva preso l' attrezzatura da campeggio di Yaki.
-Grazie mille Jennifer...-
Nello zaino oltre ai cambi d' abito trovò l' I-pod e il suo block-notes con matita.
Jennifer aveva preso persino le mappe. Spazientita infilò le cuffie, l' I-pod e il block-notes in tasca , scrisse sul biglietto di Jennifer sotto il fiore
Jennifer, questo archivio non e sicuro, io me ne vado da qui.
Il codice della porta non è sconosciuto.
Potrei chiederti di incontrarci in un punto dell' ospedale, ma tu hai preso le mie mappe.
Grazie.
Lo appoggiò sullo zaino pieno solo di inutilità, aveva intenzione di uscire di li.
Jennifer aveva toni di protezione e quasi cordiali nella sua lettera, ma Yaki era depressa, e l' ultima di cui aveva bisogno era che quella donna mettesse le mani
tra le sue cose.
Grazie a lei, Yaki era priva di equipaggiamento,e l' archivio era vuoto tranne che di scatoloni ammuffiti.
Ora il suo unico obbiettivo era di scappare da la.
Si diresse alla porta, provò a spingerla, ma senza successo.
Cominciava a preoccuparsi, sperando che non servisse il codice anche dall' interno.
Cercò il dispositivo di sicurezza interno, c'era solo il bottone d' uscita, lo spinse.
Nulla. Infuriata cominciò ad accanirsi contro il bottone e la maniglia.
Imprecò e digrgnò i denti, fino a quando non si accorse di un rumore...
Non veniva dalle cuffie, ma da un lato dell' archivio.
Un fascio di luce apparve come un flash, assieme al rumore di statico; Yaki si avvicinò cauta alla fonte: un computer impolverato.
Lo schermo era spento, ma apparve di nuovo il flash, seguito da un' altro.
D' un tratto le casse emisero un terribile e fortissimo rumore statico, lo schermo impazzito come un televisore in statico.
Yaki dovette coprirsi le orecchie, lentamente, da grigio lo schermo divenne bianco, il rumore divenne meno caotico.
Sullo schermo apparve una stanza, sembrava far parte dell' ospedale, al centro c' era una bambina di sette o otto anni, lunghi e lisci capelli biondi cadevano sul suo vestito a righe.
Il rumore statico si fermò su una sola assordante nota.
La stanza dello schermo, cominciò a diventare rossa... prese come a marcire...
E il rumore saliva di intensità.
La bambina restava impassabile sullo schermo, Yaki fissava la scena terrorizzata, solo quando il rumore stava quasi per farla impazzire smise.
Lo schermo e le casse tornarono statici, il sistema di sicurezza squillò.
Yaki fuggì verso la porta sbloccata, lasciando nell' archivio solo il rumore del computer e l' eco dei suoi passi nel corridoio.